C’era una volta un bottone nero
che capitò per caso in una scatola di latta assieme a una gran quantità di
bottoni colorati che si rimiravano l’un l’altro.
Al bottone nero nessuno rivolgeva
la parola ed egli un giorno radunò tutto il suo coraggio e chiese ai suoi
compagni: - che cosa vi ho fatto di male per meritare questa vostra
indifferenza? –
Quelli si guardarono di sottecchi
(veramente si dovrebbe dire da sotto i buchetti che avevano in mezzo alle loro forme
geometriche varie, tonda, quadrata, romboidale ecc.) finchè uno, un po’ più
grosso degli altri e coperto di pietruzze luccicanti, rispose:
-
Veramente tu non ci hai fatto niente di male, ma
sei così nero e insignificante che non si capisce come mai ti abbiano messo in
nostra compagnia. Guarda, per esempio, quel bottone tutto dorato, com’è solare,
lui aspetta di essere esposto quanto prima in bella mostra su di una importante
giacca blu. –
Il bottone nero girò gli
occhietti verso il bottone dorato e quasi rimase abbagliato dallo splendore che
sprigionava e così andò a rannicchiarsi
mogio mogio in fondo all’angolo della scatola senza più replicare.
Qualche giorno dopo, mentre tutti
i bottoni stavano facendo il sonnellino pomeridiano, la scatola venne improvvisamente
scoperchiata e una mano femminile s’intrufolò con decisione fra i bottoni
estraendone a manciate e disponendoli su un tavolo ricoperto da un drappo di
stoffa bianca.
- Questo no, questo neanche,
questo è troppo grande, questo è troppo piccolo, questo luccica troppo, questo
è troppo azzurro, questo è troppo rosso, questo è troppo giallo – e così quella
voce femminile mano a mano che scartava i bottoni che non erano di suo gusto li
faceva ricadere con un lieve tonfo nella scatola dalla quale li aveva tolti.
Sembrava proprio che quella
persona non trovasse ciò che desiderava.
Il bottone nero stava
rannicchiato nel suo angolino fermo fermo ed osservava tutto questo trambusto
con un po’ di timore.
Ad un certo punto nell’aria
risuonò un’esclamazione di giubilo e in quel mentre il nostro bottone si sentì
sollevare repentinamente dal suo luogo appartato e venne adagiato delicatamente su quella tela
bianca dove i suoi compagni erano stati
esaminati.
- Eccolo – disse la stessa voce di prima – è
quello che mi mancava, per fortuna l’ho ritrovato, ora il vestito potrà essere
finalmente confezionato come si deve -.
Il bottone nero capì che non
sarebbe più tornato assieme agli altri compagni nella scatola e si guardò
intorno. Oh, meraviglia! Sul tavolo c’erano altri sette bottoni uguali a lui
che lo guardavano sorridenti.
- Ma dove ti eri cacciato? – chiese
uno dei sette.
- Beh, non lo so, non ricordo
niente, forse ero caduto e ho battuto la testa e qualcuno mi ha visto e messo
nella scatola assieme a tutti quei fratelli colorati - .
- Va bene, va bene - disse
l’altro bottone – l’importante è che ora Rosa ti abbia trovato perché credo
stia preparando qualcosa di speciale per noi.
Rosa, come avrete sicuramente già
capito, era quell’essere umano che aveva scombussolato quella pacifica giornata
all’interno della scatola di latta.
Ora, però, credo sia giunto il momento di dare un
nome al nostro bottone nero e così lo chiameremo Cico.
I giorni passavano e Cico con i
suoi sette compagni neri stavano sempre assieme in una nuova scatolina di
cartone molto più piccola della scatola di latta.
Trascorrevano il tempo a
chiacchierare del più e del meno, raccontando ognuno qualche passata avventura,
più o meno divertente, e si sentivano in sintonia.
Ogni tanto la scatolina di cartone
veniva spostata di qua o di là provocando così il solletico ai bottoni neri con
conseguenti rumorose risate degli stessi.
Un giorno capitò un fatto che era
destinato a rimanere per sempre nei ricordi dei bottoni colorati e di quelli
neri.
Sentirono all’esterno del loro
involucro un tramestio che non prometteva niente di buono. Ad un certo punto qualcuno prese la scatolina
di cartone e, tolto il coperchio, rovesciò violentemente il contenuto sul
tavolo.
- Bottoni! – sghignazzò una voce con
tono sprezzante mentre con una manata li stava scaraventando a terra.
Stessa sorte subirono anche i bottoni colorati
della scatola di latta che, involontariamente, si vennero a trovare a tu per tu
con i bottoni neri.
- Che disastro, ma cosa sta
succedendo? – si chiedevano tutti i bottoni assai spaventati e tremanti, sparsi
sul pavimento.
C’è anche da dire che la stanza
era tutta buia e quasi non si distinguevano più i bottoni colorati da quelli
neri. Tutti i bottoni però si accorsero che fra di loro stava nascendo un caldo
sentimento di solidarietà ed amicizia che li univa in quel momento di comune
pericolo.
All’improvviso si levò nell’aria
un urlo acuto e altissimo mentre sulla porta apparve una sagoma tutta bianca. I
bottoni capirono subito che si trattava di un fantasma e zittirono
immediatamente.
Anche quella voce iraconda
ammutolì di paura e, dal rumore di passi veloci, capirono che il suo
proprietario se l’era data a gambe.
Con la quiete ritrovata, tornò
anche la luce e il fantasma non fece altro che togliersi la sua veste bianca e
posarla su una sedia. Ma a quel punto la sorpresa dei bottoni fu grande: chi
indossava la veste da fantasma? Era proprio lei, Rosa, la coraggiosa, che era
riuscita a far scappare il ladro! Rosa raccolse subito i bottoni e li rimise
nelle loro rispettive scatoline facendo ben attenzione ad assicurarsi che quelli
neri ci fossero tutti.
E, se voi aveste visto quella
sfilata di carnevale, avreste potuto sentire gli applausi e constatare l’orgoglio
dei bottoni neri mentre spiccavano sul bel vestito bianco di Pierrot che,
finalmente, Rosa era riuscita a confezionare.
E il nostro Cico era proprio
quello in alto, il primo, vicino al cuore.
- Giovanna Giordani -
Giovanna, è una favola deliziosa, scritta con semplicità e pienezza. Sono risalita al tuo blog dall'altra favola dell'albero che canta, pubblicata da Renzo Montagnoli. Complimenti affettuosi. Sei bravissima.
RispondiEliminaGrazie carissima Mimma, non so se merito tanto! Ma da una maestra dell'arte della scrittura quale sei tu, ciò che hai detto mi riempie di gioia e fiducia nel continuare su questa via!
RispondiEliminaUn abbraccio affettuoso
Giovanna