Con grande piacere ospito questo "Prologo" della nuova silloge del poeta Gianmario Lucini, consigliando vivamente la lettura dell'opera intera. Ne avrà sicuramente beneficio l'anima e la mente. Si può chiedere via mail al seguente indirizzo: info@edizionicfr.it
Prologo
Troveremo un canto nuovo 1) per accomiatarci dal mondo vecchio che si sgretola al fragore di nuove catastrofi. Saremo il guaiolìo della bestia che fiuta il pericolo e insieme saremo parola onesta, capace di cadere e di risorgere. Oggi, a pena siamo controcanto, monosillabi, basso continuo che balbetta la tragedia, mentre, dai palazzi, il coro del disordine, frantuma ogni umanismo e ci sfarina l’ossa e le parole disanimate cadono al furore del male che s’incista nel futuro e conquista posizioni; ma non potremo tacere perché già siamo nel mondo che deve venire. Troveremo una parola testarda, che scavi i secoli e con la tenacia della goccia perfori le montagne per giungere al suo mare, dove si spegne e dove inizia ogni suo moto una parola d’acqua, una parola di lacrime una parola di risa e di danza una parola per chi nasce e una per chi muore una parola antica e nuova da lasciare. Abbiamo bisogno di credere quello che mai poté accadere, e tutti i saggi videro e nessuno mai volle: nessun potente, nessun esercito, nessun Re e nessun generale. Il poeta è soltanto uno scriba del vero, ne raccoglie l’eco e la ricompone, ma la parola siamo noi tutti segnati nel sangue e nel respiro dai secoli, fatti di secoli d’attesa e fatica. Abbiamo bisogno di sangue nuovo perché l’era è finita coi suoi idoli stanchi; non hanno più i sogni fondamento, il sonno non porta che incubi e tremori – e soltanto sognando sogni veri faremo rifiorire la bellezza –.
Dall'omonima silloge della poetessa Roberta Bagnoli, propongo volentieri questa bella poesia, ricca di sentimento e verità.
Così ci presentiamo al mondo sogni vestiti di nude parole e soli vaghiamo su terre assetate d'acqua misericordiosa. Non conosciamo elisir d'eterna vita, né panacea ai mali mortali; possiamo solo scrivere col cuore dolente di tutti gli uomini come se non sapessimo fare altro, come se fosse nostro da sempre. Possiamo solo sfiorare, solleticare l'anima colla piuma leggera, pesante di scomoda, insopportabile verità.
- E a forza di sterminare animali, s'era capito che anche sopprimere l'uomo non richiedeva un grande sforzo. - - Erasmo Da Rotterdam -
Quando ho visto
alla televisione
il tuo balzo
e la tua disperazione
sappi
che io tifavo per te
toro di Navarra
ché troppo spesso
mi vergogno
di questa mia razza
"umana"
Sappilo
che io tifavo per te
ed ora voglio pensarti
libero
a correre nei prati
del paradiso
di quelli come te
innocenti
uccisi dagli umani
"intelligenti"
per divertimento.
Con piacere ospito questa significativa poesia sul nostro bel Paese della poetessa Graziella Cappelli
Spogliata
derisa
calpestata.
Un serpente
ti stringe
la gola
e ride...e parla...
Ti siedono
in circolo
sulla pancia
gli avvoltoi
coi portafogli gonfi
e manovre
studiano
per spolparti
la residua dignità.
Ora...
con la minima
pensione
ai semafori
tendi
il tricolore...
Una splendida poesia di Vivian Lamarque, grande poetessa di origini trentine
Le era entrato nel cuore. Passando dalla strada degli occhi e delle orecchie le era entrato nel cuore. E lì cosa faceva? Stava. Abitava il suo cuore come una casa.
E' sempre un rinnovo di emozioni rileggere questo delicato racconto di Anna G. Mormina
Quel sabato pomeriggio Giovanna era
uscita di casa per una passeggiata, ma non aveva voglia di mescolarsi fra la
gente del paese che faceva acquisti. Sulla sua carrozzina elettrica, preferì
dirigersi verso una tranquilla stradicciola alberata che portava ad un piccolo
Santuario.
Lungo il percorso aveva incontrato alcune persone amiche e, con loro, c'erano
stati scambi di saluti.
Arrivata alla fine della stradina si accorse che il cancello in ferro battuto
del Santuario era aperto, quindi lo varcò, percorse il cortiletto lastricato di
porfido e si diresse verso la piccola chiesa.
C'era solo un minuscolo gradino, facilmente superabile con la carrozzina,
e il portone di ingresso era appena socchiuso. Spingendolo un po' entrò
in quel Santo luogo, semplice e luminoso... oltre a lei non c'era
nessun altro, solo silenzio e un dolce senso di pace.
Giovanna avanzò fin davanti all'altare e, vicino alla porta della sagrestia, in
un angolo, notò una vecchia croce impolverata e abbandonata.
Si fermò ad osservare quella croce, provando dispiacere nel vederla così
"malconcia", proprio come si sentiva lei stessa, in quel
momento. I suoi pensieri vagarono, trasformandosi in una sorta di
dialogo-preghiera con Dio.
"...c'è chi sta peggio di me, lo so, sai? Ma mi mancano tante piccole
cose!!! Vorrei poter tornare a camminare, a far le pulizie di casa,pensa, mi manca perfino il mio lavoro! Si, ammetto che col ragioniere era un
continuo battibecco, ma... Ma queste cose le sai già, chissà perché te le sto a
raccontare, proprio a Te poi, che hai dovuto sopportare molto di più, per
causa nostra".
Sulle guance scesero alcune lacrime, mentre sulle mani avvertì il calore di una
carezza. Giovanna alzò la testa e, davanti a lei, vide un bimbetto biondo che
stringeva un mazzolino di margherite, e che la stava osservando preoccupato.
- Perché piangi? Ti sei persa?- - No, piccolo non mi sono persa, m'è solo
entrato un granello di polvere negli occhi - e cercò di asciugarsi col
dorso della mano.
Si rendeva conto di aver dato una risposta stupida, ma come avrebbe potuto
spiegare a quell'innocente?... era contenta però, che era arrivato a
distoglierla dai suoi inutili e tristi pensieri e, vedendo il mazzolino di
fiori che teneva nella mano, Giovanna aggiunse:
- Che belle margherite, dove le hai trovate? Il bimbo rispose:- Le ho raccolte
in un campo qui vicino! Posso regalartene una? -
Giovanna sorrise al piccolo e, con il gesto del capo, diede il consenso a ricevere
il dono. Anche il bimbo le sorrise, e le pose una margherita fra le mani.
- È bellissima! - esclamò Giovanna, alzando il viso per ringraziarlo, ma con
sua grande sorpresa, lui non c'era più.
Si guardò intorno cercandolo, ma era svanito nel nulla.Non aveva sognato, ne
era certa, e la margherita, che teneva delicatamente nelle mani, era la
conferma che non aveva sognato. Com'era stato possibile? Cos'era
accaduto?
Un breve istante per capire e Giovanna tornò a guardare la croce.
In cuor suo disse:
"sei stato Tu a mandarmi quell'angelo, vero? Grazie,... sento che mi
sei vicino!"
Giovanna tornò a casa col cuore più leggero.
Sono passati molti anni, da quel giorno e la margherita si è seccata, ma è
ancora molto bella; Giovanna l'ha conservata fra le pagine del suo vecchio diario.
Iniziamo l'anno con un gradevolissimo e originale racconto di Maria Carmen Lama dove qualcuno è riuscito a scoprire una grande e speciale amicizia...
La rondine e lo scricciolo
Era
inverno. Rigide e grigie giornate, monotone e uggiose, seguivano l’andamento
lento e indolente del tempo. Tutto era avvolto dal silenzio: i campi innevati
apparivano nella loro nuova veste luccicante, ma troppo solitari, perché non
sapevano offrire più alcuna ospitalità.
Gli
alberi soltanto si mostravano ancora accoglienti.
Tra
il garbuglio dei rami e le foglie ancora fitte e robuste della magnolia bianca,
alcuni passerotti, due pettirossi, cince dal collare bianco, un piccolo
scricciolo e l’ultima rondine audace, stavano rannicchiati, gonfiando il petto
e cercando di non sprecare troppe energie, nemmeno col cinguettio.
Solo
ogni tanto, osavano sfidare il freddo
dirigendosi in volo quasi precipitoso verso la piccola mangiatoia a
spirale costruita appositamente per loro da un uomo buono, che teneva alla loro
compagnia e cercava di aiutarli nella sopravvivenza alla rigidità della
stagione e alla insufficienza di cibo.
In
quell’andirivieni frettoloso, si notavano spesso in volo affiancato la rondine
e lo scricciolo.
Non
si lasciavano mai. Era bello seguirli nella loro intima familiarità, nella loro
stretta collaborazione durante la ricerca del cibo e nelle loro confidenze
reciproche.
Era
l’unico spettacolo interessante che si svolgeva quotidianamente nel giardino
della villa rossa dell’uomo buono. Questi ne
interiorizzava ogni gesto, in maniera latente, senza rendersene pienamente
conto. A volte vagheggiava di saper interpretare il loro linguaggio come se anche
lui fosse uno di loro e gli veniva pure voglia di balbettare qualcosa per farsi
capire. Non era raro che cercasse di imitare qualche loro verso particolare e subito
dopo si meravigliasse di sentire una sorta di risposta che, ne era sicuro,
sembrava proprio diretta a lui.
Con questi pensieri che alleggerivano la pesantezza del tempo,
del silenzio e della solitudine, l’uomo buono in un pomeriggio in cui il sole
aveva fatto sentire di più la sua presenza, decise di dare ascolto con maggiore
attenzione ai cinguettii dello scricciolo e della rondine, con la certezza che
avrebbe imparato da solo a comprendere quello strano linguaggio. Tenne, a
questo scopo, socchiusa la finestra del tinello sul davanzale della quale
abitualmente lasciava per loro briciole di pane o di biscotti e si sedette
comodo su una poltroncina accostata alla finestra.
Poiché aveva appena finito di pranzare, ben presto si appisolò.
Dovette dormire di un sonno profondo per qualche ora se, al
risveglio, credendosi vigile e attento e non avendo la consapevolezza di
essersi addormentato, chiamò sollecitamente la moglie e le raccontò, per filo e
per segno, tutto quello che credeva di avere ascoltato dal chiacchiericcio
fitto fitto dei due uccellini. Dichiarava con una certa sicumera alla moglie di
essere stato perfettamente in grado di capire le loro affettuose confidenze.
Le diceva anche che presto, con una osservazione prolungata e
più attenta, avrebbe saputo cogliere le loro emozioni, il loro umore, perché
avrebbe collegato, istintivamente, la frequenza di atteggiamenti e toni e dei
movimenti delle varie parti del corpo, ripetuti in precise circostanze legate
ai suoni emessi, alla manifestazione del loro intimo gioire o dell’essere
ansiosi o dell’aver paura o di altri sentimenti che in qualche modo potevano
ricondursi a quelli umani.
Sarebbe stata, diceva, una vera e propria serendipità, una
scoperta dentro un’altra scoperta.
Dopo questi preamboli che la moglie ascoltò con ingenua
curiosità, l’uomo fu in grado di raccontare nei dettagli tutti i particolari
della vita dei due “attori protagonisti” di una storia d’amicizia e legame
solidissimo, che dura tuttora, di cui credeva fermamente di essere venuto a
conoscenza in quel pomeriggio sonnacchioso, ma tanto carico di vitalità da
essergli sembrato l’inizio di un’avventura unica e speciale.
Prima
di passare all’entusiasmante racconto di tale esperienza, ci sarebbe da fare
una piccola precisazione sul perché la rondine non sia emigrata in paesi caldi
come è uso e costume di tutte le rondini non appena arrivano i primi freddi nel
luogo dove abitualmente trascorrono la primavera, l’estate e la prima parte
dell’autunno. Si trattava e si tratta di una rondine coraggiosa, che non si
riconosceva totalmente nelle caratteristiche proprie della sua specie, e che
aveva stretto un patto con il suo stormo: se fosse riuscita a sopravvivere al
primo inverno nel luogo abituale delle stagioni precedenti, avrebbe poi tenuto
per tutte le altre rondini dello stormo delle nuove lezioni di vita che
permettessero anche a loro di sostare sempre nello stesso luogo senza doversi
sobbarcare il sacrificio dell’emigrazione e del ritorno, con viaggi estenuanti,
due volte all’anno.
E
in effetti la rondine amica dello scricciolo era riuscita a vincere la sfida
con se stessa, pur non essendo poi riuscita a convincere le altre rondini che
la sopravvivenza era possibile anche in un inverno rigido e in condizioni meno
favorevoli dal punto di vista dell’approvvigionamento del cibo.
Non
aveva svelato nulla dell’aiuto ricevuto dall’uomo buono, e le rondini in massa
avevano sempre preferito continuare i loro naturali spostamenti annuali,
lasciando ogni volta la rondine sola al suo destino.
L’amicizia
tra la rondine e lo scricciolo era sopravvenuta subito, al primo inverno in cui
la rondine non partì con le altre. Inizialmente se ne stava un po’ in disparte,
aveva scelto un ramo robusto e frondoso della magnolia, piuttosto in alto, e
cercava di sprecare meno energie possibili evitando voli senza scopo. Nello
stesso tempo, dal suo ideale punto di osservazione, teneva d’occhio tutto quel
che accadeva e, in particolare, aveva notato che un piccolissimo scricciolo
sembrava non curarsi affatto del freddo e della fame, e saltellava e volava di
ramo in ramo, a volte cinguettava allegramente come se nulla fosse e, insomma,
era piuttosto intento a giocherellare continuamente, senza troppo curarsi del
freddo né della neve, neppure mentre i fiocchi, grossi più di lui, lo
avvolgevano in volo come bambagia.
Appena
rientrato sul ramo in cui aveva la sua postazione preferita, molto vicino a
quello della rondine, sbatteva forte le piccole ali, si liberava dei fiocchi di
neve prima che gli si gelassero addosso, e poi si annidava raccolto in una
piccolissima pallottolina di piume.
La
rondine era entusiasta, sia perché capiva il coraggio e la forza, la vitalità
dello scricciolo, sia perché in quel suo comportamento audace le pareva le
somigliasse moltissimo e aveva bene a sperare di potere a sua volta
sopravvivere senza eccessive difficoltà né troppi sforzi al freddo di quel suo
primo inverno, che aveva consapevolmente scelto di trascorrere lontana dalle
altre rondini.
E,
si badi bene, non rimpiangeva affatto l’aver evitato il lungo viaggio di
migrante di ritorno, perché non era stata la rinuncia allo sforzo fisico ad
averla trattenuta, ma soltanto la volontà di sfidare se stessa e il proprio
destino insieme alle condizioni avverse dell’inverno, condizioni nelle quali
meglio avrebbe potuto dimostrare a se stessa le proprie capacità di vittoria.
Era,
insomma, il suo, un nuovo stile di vita che le andava di sperimentare.
In
men che non si dica, dunque, i due uccellini si trovarono fianco a fianco nei
loro voli.
L’uomo
buono che seguiva con curiosità la vita di tutti gli uccellini che avevano
“casa” sulla magnolia, notandoli spesso insieme, scricciolo e rondine, aveva avuto l’idea di ascoltare con attenzione i loro
messaggi segreti con la certezza di poterli facilmente decifrare e, una volta
riuscito nell’intento, nel modo descritto, credendo di conoscere chiaramente lo
svolgersi della loro amicizia attraverso quei dialoghi, li trascrisse nel suo “Diario di un’amicizia fra uno scricciolo e
una rondine”, e ne fece un puntuale resoconto alla moglie.
Noi li riportiamo di seguito fedelmente:
Al primo approccio, la rondine salutò cortesemente lo scricciolo: -ciao
scricciolo, dimmi, come riesci a volare tanto senza stancarti, mentre fa così
freddo e non hai ancora mangiato quasi
nulla?-
Sorpreso, lo scricciolo rispose: -non ci bado, mi piace giocare, volare anche senza lo scopo di
cercare cibo, così mi riscaldo e sopporto bene il freddo…-
E la rondine: -ma non hai
fame?-
Lo scricciolo riaffermò con entusiasti cinguettii la sua voglia
di esplorare: -quando ho mangiato anche
solo una briciola di pane che trovo sul davanzale della finestra di fronte a
questo albero, - disse, - sono felice e mi dimentico di tutto
La rondine insisteva: -ma
cosa trovi di interessante quando voli senza alcuno scopo?-
-
È interessante il volo stesso, - esclamò lo
scricciolo - mi piace esercitarmi, fare delle piccole virate, sgusciare
con gusto da sotto le grinfie del gatto straniero Newton, lasciarlo stupefatto
e a bocca asciutta!
La rondine, sempre più meravigliata, lo incalzava: - e non hai mai paura? -
Con una sicurezza che piaceva alla rondine, lo scricciolo concluse: - e perché dovrei aver paura? Ho le ali! Posso
spiccare il volo quando voglio, sono leggero e agile, nessuno può sorprendermi
e acciuffarmi, perché sono sempre più svelto del lampo. -
La
rondine rifletteva su tutte le risposte che riceveva e annotava dentro il suo
piccolo capo ogni sfumatura che coglieva, anche osservando l’aspetto spavaldo e
fiero dello scricciolo e la sua sicurezza. Passarono pochi giorni e già la
rondine l’aveva come suo beniamino. Lo scricciolo, che sentiva l’interesse
della rondine nei suoi confronti, la guardava con rispetto e con curiosità e i
loro contatti quotidiani diventarono sempre più frequenti.
L’uomo buono ripeté altre
volte la sua esperienza di ascolto, e in un altro pomeriggio in cui si
ripeterono condizioni di dormiveglia alternati a momenti di sonno profondo che
gli riportò il sogno dei due uccellini, credette di avere assistito a un nuovo
dialogo, come se fosse la continuazione del precedente. Anche questa volta
trascrisse tutto nel suo “Diario…”
Ed ecco cosa annotò: (i dialoghi sono tutti trascritti fedelmente nel modo
in cui sono stati compresi e raccontati alla moglie):
Lo scricciolo, a sua volta incuriosito dalla rondine le chiese: - perché mi fai tantissime domande ogni giorno e
ogni sera?
La rondine socchiuse il becco come per una specie di sorriso e cinguettò: - perché ti ho osservato a lungo e mi sono accorta
che sei piccolo ma fortissimo e anche molto curioso e allegro e ti vorrei
tenere sempre vicino come mio migliore amico -
Lo scricciolo, ascoltò con gioia la sua risposta e le mostrò
quanto le fosse già riconoscente, dicendole:
- mi sei molto simpatica, è bello essere amici, mi piace raccontarti cosa
faccio e perché, e mi fa molto piacere che tu mi apprezzi anche se sono
piccolissimo -
Anche la rondine gli mostrò la sua gioia per averlo come amico: - sì, - articolò
- anche a me tu sei molto simpatico, perché ci somigliamo molto; anche se avevo
un modo di vivere diverso, prima di fermarmi qua in quest’inverno lungo e buio
e freddo, la mia era una vita che non mi soddisfaceva molto, avevo bisogno di
vedere e fare cose nuove; se possiamo fare insieme tante cose dev’essere
bellissimo
Lo scricciolo, fu felice di sentirsi dire queste cose e, a sua volta,
confermò: - sono d’accordo, ma forse io
non potrò darti tanto, nella nostra amicizia, perché sono troppo piccolo, anzi
forse potrei avere bisogno di protezione, ma se ne avessi bisogno tu non sarei
in grado di dartene -
La rondine prontamente lo rassicurò: - non preoccuparti, scricciolo, proteggerò te se ne
avrai bisogno e basterò a me stessa per proteggermi da ogni pericolo; sono
abituata ai pericoli, nei miei lunghi viaggi di andata e ritorno dai paesi
caldi tante volte ho superato sfide quasi mortali; sarò io “la tua ala destra”,
e tu mi conforterai nelle lunghe notti fredde raccontandomi tutte le tue
avventure
Allo scricciolo parve di toccare il cielo con la punta di un’ala
e la ringraziò con fervore: - grazie! È
un bene che tu ti prenda cura di me, perché se anche sono abituato a fare
scorribande e peripezie di ogni genere, qualche volta ho avuto paura di non
poter tornare alla “casa”, perché sono tanto piccolo….
Che
tenerezza prese il cuore della rondine! Avrebbe voluto abbracciare subito lo
scricciolo e glielo fece proprio capire, muovendo forte le ali e avvicinandosi
più che poté.
Quasi
istintivamente lo scricciolo si posizionò sotto l’ala destra della rondine che
era rimasta ancora a mezz’aria, semiaperta.
Questo
gesto sigillò per sempre la loro amicizia.
Nel
proseguire indolente e lento del tempo dell’inverno, successero tante avventure
allo scricciolo, e la rondine lo lasciava fare, pur con una certa apprensione:
lo controllava da presso, lo sollecitava con piccoli garriti a rientrare in
fretta alla “casa” dove lo attendeva con trepidazione, quando s’accorgeva che
stava per imbattersi in un pericolo che lo scricciolo non riconosceva come
tale.
Finché
una sera, al termine di una giornata in cui la rondine era stata molto agitata
per averlo atteso a lungo senza sapere dove fosse andato a bighellonare, al suo
ritorno, un po’ trafelato e spaurito, la rondine l’aveva severamente
redarguito, gli stava negando perfino la sua amicizia, mentre in realtà il suo
pessimo umore era dovuto soprattutto alla paura di perdere lo scricciolo.
Se
gli fosse accaduta una brutta avventura da cui non sarebbe tornato vivo, la
rondine sapeva che avrebbe sofferto terribilmente, come se si sentisse in colpa
per non averlo accompagnato né guidato abbastanza.
La rondine era molto saggia, questo lo scricciolo lo capiva e non avrebbe mai
voluto farla stare in ansia per le sue marachelle, ma a volte era più forte di
lui l’istinto al gioco, la curiosità.
Però
quella sera si rese conto che non poteva permettersi di perdere l’amicizia
della rondine e da allora si tenne sempre sotto la sua protezione.
La
rondine era finalmente felice e aveva ben presto riacquistato serenità e
tranquillità, lo scricciolo pure.
L’uomo buono, credendo di aver saputo comprendere chiaramente i
loro “discorsi”, si impegnò a lungo anche nell’osservazione attenta dei movimenti
che accompagnavano i loro cinguettii, e credette di cogliere con precisione
anche le emozioni di ansia della rondine, quella sera in cui essa diceva allo scricciolo della lunga e sofferta
attesa.
Comprese
in tal modo che il valore di un’amicizia così profonda è superiore a qualsiasi
altro sentimento, è l’apice dell’amore vero fra due esseri.
È
commisurabile soltanto all’amore dell’anima per il proprio corpo, un essere
unico in cui l’amore si fonde inscindibilmente e si rafforza nella reciprocità
della tenerezza, della comprensione e della giusta e comune visione delle cose
e nel raggiungimento di un ideale equilibrio.