giovedì 3 gennaio 2013

LA RONDINE E LO SCRICCIOLO

Iniziamo l'anno con un gradevolissimo e originale  racconto di Maria Carmen Lama dove qualcuno è riuscito a scoprire una grande e speciale amicizia...




La rondine e lo scricciolo

Era inverno. Rigide e grigie giornate, monotone e uggiose, seguivano l’andamento lento e indolente del tempo. Tutto era avvolto dal silenzio: i campi innevati apparivano nella loro nuova veste luccicante, ma troppo solitari, perché non sapevano offrire più alcuna ospitalità.
Gli alberi soltanto si mostravano ancora accoglienti.
Tra il garbuglio dei rami e le foglie ancora fitte e robuste della magnolia bianca, alcuni passerotti, due pettirossi, cince dal collare bianco, un piccolo scricciolo e l’ultima rondine audace, stavano rannicchiati, gonfiando il petto e cercando di non sprecare troppe energie, nemmeno col cinguettio.
Solo ogni tanto, osavano sfidare il freddo  dirigendosi in volo quasi precipitoso verso la piccola mangiatoia a spirale costruita appositamente per loro da un uomo buono, che teneva alla loro compagnia e cercava di aiutarli nella sopravvivenza alla rigidità della stagione e alla insufficienza di cibo.

In quell’andirivieni frettoloso, si notavano spesso in volo affiancato la rondine e lo scricciolo.
Non si lasciavano mai. Era bello seguirli nella loro intima familiarità, nella loro stretta collaborazione durante la ricerca del cibo e nelle loro confidenze reciproche.
Era l’unico spettacolo interessante che si svolgeva quotidianamente nel giardino della villa rossa dell’uomo buono. Questi ne interiorizzava ogni gesto, in maniera latente, senza rendersene pienamente conto. A volte vagheggiava di saper interpretare il loro linguaggio come se anche lui fosse uno di loro e gli veniva pure voglia di balbettare qualcosa per farsi capire. Non era raro che cercasse di imitare qualche loro verso particolare e subito dopo si meravigliasse di sentire una sorta di risposta che, ne era sicuro, sembrava proprio diretta a lui.
Con questi pensieri che alleggerivano la pesantezza del tempo, del silenzio e della solitudine, l’uomo buono in un pomeriggio in cui il sole aveva fatto sentire di più la sua presenza, decise di dare ascolto con maggiore attenzione ai cinguettii dello scricciolo e della rondine, con la certezza che avrebbe imparato da solo a comprendere quello strano linguaggio. Tenne, a questo scopo, socchiusa la finestra del tinello sul davanzale della quale abitualmente lasciava per loro briciole di pane o di biscotti e si sedette comodo su una poltroncina accostata alla finestra.
Poiché aveva appena finito di pranzare, ben presto si appisolò.
Dovette dormire di un sonno profondo per qualche ora se, al risveglio, credendosi vigile e attento e non avendo la consapevolezza di essersi addormentato, chiamò sollecitamente la moglie e le raccontò, per filo e per segno, tutto quello che credeva di avere ascoltato dal chiacchiericcio fitto fitto dei due uccellini. Dichiarava con una certa sicumera alla moglie di essere stato perfettamente in grado di capire le loro affettuose confidenze.
Le diceva anche che presto, con una osservazione prolungata e più attenta, avrebbe saputo cogliere le loro emozioni, il loro umore, perché avrebbe collegato, istintivamente, la frequenza di atteggiamenti e toni e dei movimenti delle varie parti del corpo, ripetuti in precise circostanze legate ai suoni emessi, alla manifestazione del loro intimo gioire o dell’essere ansiosi o dell’aver paura o di altri sentimenti che in qualche modo potevano ricondursi a quelli umani.
Sarebbe stata, diceva, una vera e propria serendipità, una scoperta dentro un’altra scoperta.

Dopo questi preamboli che la moglie ascoltò con ingenua curiosità, l’uomo fu in grado di raccontare nei dettagli tutti i particolari della vita dei due “attori protagonisti” di una storia d’amicizia e legame solidissimo, che dura tuttora, di cui credeva fermamente di essere venuto a conoscenza in quel pomeriggio sonnacchioso, ma tanto carico di vitalità da essergli sembrato l’inizio di un’avventura unica e speciale.

Prima di passare all’entusiasmante racconto di tale esperienza, ci sarebbe da fare una piccola precisazione sul perché la rondine non sia emigrata in paesi caldi come è uso e costume di tutte le rondini non appena arrivano i primi freddi nel luogo dove abitualmente trascorrono la primavera, l’estate e la prima parte dell’autunno. Si trattava e si tratta di una rondine coraggiosa, che non si riconosceva totalmente nelle caratteristiche proprie della sua specie, e che aveva stretto un patto con il suo stormo: se fosse riuscita a sopravvivere al primo inverno nel luogo abituale delle stagioni precedenti, avrebbe poi tenuto per tutte le altre rondini dello stormo delle nuove lezioni di vita che permettessero anche a loro di sostare sempre nello stesso luogo senza doversi sobbarcare il sacrificio dell’emigrazione e del ritorno, con viaggi estenuanti, due volte all’anno.
E in effetti la rondine amica dello scricciolo era riuscita a vincere la sfida con se stessa, pur non essendo poi riuscita a convincere le altre rondini che la sopravvivenza era possibile anche in un inverno rigido e in condizioni meno favorevoli dal punto di vista dell’approvvigionamento del cibo.
Non aveva svelato nulla dell’aiuto ricevuto dall’uomo buono, e le rondini in massa avevano sempre preferito continuare i loro naturali spostamenti annuali, lasciando ogni volta la rondine sola al suo destino.

L’amicizia tra la rondine e lo scricciolo era sopravvenuta subito, al primo inverno in cui la rondine non partì con le altre. Inizialmente se ne stava un po’ in disparte, aveva scelto un ramo robusto e frondoso della magnolia, piuttosto in alto, e cercava di sprecare meno energie possibili evitando voli senza scopo. Nello stesso tempo, dal suo ideale punto di osservazione, teneva d’occhio tutto quel che accadeva e, in particolare, aveva notato che un piccolissimo scricciolo sembrava non curarsi affatto del freddo e della fame, e saltellava e volava di ramo in ramo, a volte cinguettava allegramente come se nulla fosse e, insomma, era piuttosto intento a giocherellare continuamente, senza troppo curarsi del freddo né della neve, neppure mentre i fiocchi, grossi più di lui, lo avvolgevano in volo come bambagia.
Appena rientrato sul ramo in cui aveva la sua postazione preferita, molto vicino a quello della rondine, sbatteva forte le piccole ali, si liberava dei fiocchi di neve prima che gli si gelassero addosso, e poi si annidava raccolto in una piccolissima pallottolina di piume.

La rondine era entusiasta, sia perché capiva il coraggio e la forza, la vitalità dello scricciolo, sia perché in quel suo comportamento audace le pareva le somigliasse moltissimo e aveva bene a sperare di potere a sua volta sopravvivere senza eccessive difficoltà né troppi sforzi al freddo di quel suo primo inverno, che aveva consapevolmente scelto di trascorrere lontana dalle altre rondini.
E, si badi bene, non rimpiangeva affatto l’aver evitato il lungo viaggio di migrante di ritorno, perché non era stata la rinuncia allo sforzo fisico ad averla trattenuta, ma soltanto la volontà di sfidare se stessa e il proprio destino insieme alle condizioni avverse dell’inverno, condizioni nelle quali meglio avrebbe potuto dimostrare a se stessa le proprie capacità di vittoria.
Era, insomma, il suo, un nuovo stile di vita che le andava di sperimentare.

In men che non si dica, dunque, i due uccellini si trovarono fianco a fianco nei loro voli.
L’uomo buono che seguiva con curiosità la vita di tutti gli uccellini che avevano “casa” sulla magnolia, notandoli spesso insieme, scricciolo e rondine, aveva avuto l’idea di ascoltare con attenzione i loro messaggi segreti con la certezza di poterli facilmente decifrare e, una volta riuscito nell’intento, nel modo descritto, credendo di conoscere chiaramente lo svolgersi della loro amicizia attraverso quei dialoghi, li trascrisse nel suo “Diario di un’amicizia fra uno scricciolo e una rondine”, e ne fece un puntuale resoconto alla moglie.
Noi li riportiamo di seguito fedelmente:

Al primo approccio, la rondine salutò cortesemente lo scricciolo: -ciao scricciolo, dimmi, come riesci a volare tanto senza stancarti, mentre fa così freddo e non  hai ancora mangiato quasi nulla?-
Sorpreso, lo scricciolo rispose: -non ci bado, mi piace giocare, volare anche senza lo scopo di cercare cibo, così mi riscaldo e sopporto bene il freddo…-
E la rondine: -ma non hai fame?-
Lo scricciolo riaffermò con entusiasti cinguettii la sua voglia di esplorare: -quando ho mangiato anche solo una briciola di pane che trovo sul davanzale della finestra di fronte a questo albero, - disse, - sono felice e mi dimentico di tutto
La rondine insisteva: -ma cosa trovi di interessante quando voli senza alcuno scopo?-
- È interessante il volo stesso, - esclamò lo scricciolo - mi piace esercitarmi, fare delle piccole virate, sgusciare con gusto da sotto le grinfie del gatto straniero Newton, lasciarlo stupefatto e a bocca asciutta!
La rondine, sempre più meravigliata, lo incalzava: - e non hai mai paura? -
Con una sicurezza che piaceva alla rondine, lo scricciolo concluse: - e perché dovrei aver paura? Ho le ali! Posso spiccare il volo quando voglio, sono leggero e agile, nessuno può sorprendermi e acciuffarmi, perché sono sempre più svelto del lampo. -

La rondine rifletteva su tutte le risposte che riceveva e annotava dentro il suo piccolo capo ogni sfumatura che coglieva, anche osservando l’aspetto spavaldo e fiero dello scricciolo e la sua sicurezza. Passarono pochi giorni e già la rondine l’aveva come suo beniamino. Lo scricciolo, che sentiva l’interesse della rondine nei suoi confronti, la guardava con rispetto e con curiosità e i loro contatti quotidiani diventarono sempre più frequenti.

L’uomo buono ripeté  altre volte la sua esperienza di ascolto, e in un altro pomeriggio in cui si ripeterono condizioni di dormiveglia alternati a momenti di sonno profondo che gli riportò il sogno dei due uccellini, credette di avere assistito a un nuovo dialogo, come se fosse la continuazione del precedente. Anche questa volta trascrisse tutto nel suo “Diario…”

Ed ecco cosa annotò: (i dialoghi sono tutti trascritti fedelmente nel modo in cui sono stati compresi e raccontati alla moglie):
Lo scricciolo, a sua volta incuriosito dalla rondine le chiese: - perché mi fai tantissime domande ogni giorno e ogni sera?
La rondine socchiuse il becco come per una specie di sorriso e cinguettò: - perché ti ho osservato a lungo e mi sono accorta che sei piccolo ma fortissimo e anche molto curioso e allegro e ti vorrei tenere sempre vicino come mio migliore amico -
Lo scricciolo, ascoltò con gioia la sua risposta e le mostrò quanto le fosse già riconoscente, dicendole: - mi sei molto simpatica, è bello essere amici, mi piace raccontarti cosa faccio e perché, e mi fa molto piacere che tu mi apprezzi anche se sono piccolissimo -
Anche la rondine gli mostrò la sua gioia per averlo come amico: - sì, - articolò - anche a me tu sei molto simpatico, perché ci somigliamo molto; anche se avevo un modo di vivere diverso, prima di fermarmi qua in quest’inverno lungo e buio e freddo, la mia era una vita che non mi soddisfaceva molto, avevo bisogno di vedere e fare cose nuove; se possiamo fare insieme tante cose dev’essere bellissimo
Lo scricciolo, fu felice di sentirsi dire queste cose e, a sua volta, confermò: - sono d’accordo, ma forse io non potrò darti tanto, nella nostra amicizia, perché sono troppo piccolo, anzi forse potrei avere bisogno di protezione, ma se ne avessi bisogno tu non sarei in grado di dartene -
La rondine prontamente lo rassicurò: - non preoccuparti, scricciolo, proteggerò te se ne avrai bisogno e basterò a me stessa per proteggermi da ogni pericolo; sono abituata ai pericoli, nei miei lunghi viaggi di andata e ritorno dai paesi caldi tante volte ho superato sfide quasi mortali; sarò io “la tua ala destra”, e tu mi conforterai nelle lunghe notti fredde raccontandomi tutte le tue avventure
Allo scricciolo parve di toccare il cielo con la punta di un’ala e la ringraziò con fervore: - grazie! È un bene che tu ti prenda cura di me, perché se anche sono abituato a fare scorribande e peripezie di ogni genere, qualche volta ho avuto paura di non poter tornare alla “casa”, perché sono tanto piccolo….

Che tenerezza prese il cuore della rondine! Avrebbe voluto abbracciare subito lo scricciolo e glielo fece proprio capire, muovendo forte le ali e avvicinandosi più che poté.
Quasi istintivamente lo scricciolo si posizionò sotto l’ala destra della rondine che era rimasta ancora a mezz’aria, semiaperta.
Questo gesto sigillò per sempre la loro amicizia.

Nel proseguire indolente e lento del tempo dell’inverno, successero tante avventure allo scricciolo, e la rondine lo lasciava fare, pur con una certa apprensione: lo controllava da presso, lo sollecitava con piccoli garriti a rientrare in fretta alla “casa” dove lo attendeva con trepidazione, quando s’accorgeva che stava per imbattersi in un pericolo che lo scricciolo non riconosceva come tale.

Finché una sera, al termine di una giornata in cui la rondine era stata molto agitata per averlo atteso a lungo senza sapere dove fosse andato a bighellonare, al suo ritorno, un po’ trafelato e spaurito, la rondine l’aveva severamente redarguito, gli stava negando perfino la sua amicizia, mentre in realtà il suo pessimo umore era dovuto soprattutto alla paura di perdere lo scricciolo.
Se gli fosse accaduta una brutta avventura da cui non sarebbe tornato vivo, la rondine sapeva che avrebbe sofferto terribilmente, come se si sentisse in colpa per non averlo accompagnato né guidato abbastanza.

La rondine era molto saggia, questo lo scricciolo lo capiva e non avrebbe mai voluto farla stare in ansia per le sue marachelle, ma a volte era più forte di lui l’istinto al gioco, la curiosità.
Però quella sera si rese conto che non poteva permettersi di perdere l’amicizia della rondine e da allora si tenne sempre sotto la sua protezione.
La rondine era finalmente felice e aveva ben presto riacquistato serenità e tranquillità, lo scricciolo pure.

L’uomo buono, credendo di aver saputo comprendere chiaramente i loro “discorsi”, si impegnò a lungo anche nell’osservazione attenta dei movimenti che accompagnavano i loro cinguettii, e credette di cogliere con precisione anche le emozioni di ansia della rondine, quella sera in cui essa  diceva allo scricciolo della lunga e sofferta attesa.

Comprese in tal modo che il valore di un’amicizia così profonda è superiore a qualsiasi altro sentimento, è l’apice dell’amore vero fra due esseri.
È commisurabile soltanto all’amore dell’anima per il proprio corpo, un essere unico in cui l’amore si fonde inscindibilmente e si rafforza nella reciprocità della tenerezza, della comprensione e della giusta e comune visione delle cose e nel raggiungimento di un ideale equilibrio.

- Maria Carmen Lama - 












2 commenti:

  1. Mamma mia!!!! che inizio per questo anno 2013!!!
    Spero che ti porti fortuna, non solo per il blog, ma per tutto quello che desideri.
    Grazie!
    Ciao, car

    RispondiElimina
  2. Grazie, e tanta fortuna anche a te Car!
    Gio

    RispondiElimina