C’era una volta un piccolo cuore, ma proprio piccolo piccolo,
tanto che il suo lieve battito si sentiva appena.
Un giorno, non si sa come
nè quando, questo piccolo cuore si ritrovò
in un luogo misterioso e cominciò a piangere silenziosamente.
Le fate stavano facendo la loro passeggiata giornaliera e notarono
fra le foglie di malva, al bordo del sentiero, una cosina tutta rossa che non
era sicuramente una fragola. Beh, era il piccolo cuore, come avrete già capito!
Le fatine si fermarono di botto assai incuriosite. Fata-farfalla lo raccolse
delicatamente nella sua mano cercando di asciugargli le piccole lacrime, poi lo
mostrò alle sue compagne che lo ammirarono stupefatte perché non avevano mai
visto nulla di simile dalle loro parti.
La notizia si sparse per tutto il regno e giunse così alle
orecchie della regina delle fate e del
principe degli elfi che accorsero per vedere lo strano esserino.
Il piccolo cuore aveva due occhietti azzurri come quelli dei
myosotis e allora si decise all’unanimità di chiamarlo Myo. E così lo
chiameremo anche noi durante questo breve racconto.
Myo si guardava intorno incuriosito e non diceva una parola
(aveva anche una piccola bocca), ma almeno non piangeva più.Però...però sorgeva un bel problema. Chi si sarebbe preso cura
di lui? A questo interrogativo si udì un coro di voci che diceva: -io, io, io, io! -
Ma è chiaro che Myo non poteva abitare in tutte le casine
delle fate e così venne presa una decisione che nessuno si sarebbe aspettato:
la regina delle fate decise che Myo doveva essere condotto al suo castello dove
lei stessa avrebbe provveduto ad accudirlo.
Le fate esclamarono un OOOHHH che fece tremare le foglie degli alberi vicini,
perché abitare nel castello della regina era, naturalmente, considerato un
grande privilegio. Però furono tutte contente di quella decisione che almeno
non avrebbe permesso loro di litigare per ospitare quel tenero batuffolino
rosso!
Fu così che la regina ordinò ai folletti di sistemare
delicatamente il piccolo cuore nella sua carrozza d’oro e, via, al galoppo verso il castello. Il principe
degli elfi, invece, fu invitato a cena dalle fate durante la
quale gli raccontarono di come avevano trovato quel tipetto così
diverso da loro.
Intanto la regina era arrivata nella sua dimora regale e fece
preparare una bellissima stanza per Myo il quale non si rendeva neanche conto
di quello che gli stava succedendo, ma capiva solo che qualcuno si stava per
davvero occupando di lui.
I giorni passavano, Myo si stava adattando al nuovo ambiente
nel quale riceveva tutto ciò di cui sembrava aver bisogno.
Ogni tanto arrivava in visita al castello il principe degli
elfi con i suoi folletti e Myo si rendeva
conto di quanto il loro aspetto fosse così diverso dal suo. Forse era per
questo, pensava la regina, che ogni tanto scorgeva in quegli occhietti azzurri una certa
malinconia.
Un giorno provò a parlargliene e così il piccolo cuore le
disse che gli sarebbe tanto piaciuto avere l’aspetto di uno degli elfi che
vedeva saltellare felici nei prati intorno al castello.
Detto fatto, la regina delle fate sfoderò la sua bacchetta
magica e il piccolo cuore diventò un bellissimo elfo.
- Sei felice ora? – gli chiese. - Oh si, tanto, grazie regina - rispose Myo
abbracciandola senza pensarci due volte!
Il tempo passava e il folletto Myo si divertiva a giocare e a
scherzare assieme agli altri compagni.
- E il piccolo cuore?- Direte voi – dov’è andato a finire? - Beh, il piccolo cuore era rimasto dentro il
petto di Myo e continuava a battere con sempre maggior forza tanto che qualche
volta faticava a calmarlo. Fu in uno di questi momenti che Myo si accorse che
forse il suo cuore voleva dirgli qualcosa che lui non riusciva proprio a capire. Provava così una sensazione
strana che gli toglieva un po’ della serenità che godeva in quel posto
incantato. In fondo era nel castello della regina delle fate, aveva tutto
quello che desiderava, eppure ogni tanto saliva dal suo piccolo cuore uno
strano richiamo. Si decise a confidarsi con la regina la quale riflettè molto
su quanto udiva e capì che il cuore di Myo forse desiderava qualcosa che la sua
bacchetta magica probabilmente non era in grado di fargli avere. E questo le
dispiaceva molto.
Un giorno d’estate la regina decise di portare Myo a fare una
passeggiata lungo il sentiero che confinava con il suo regno e dove era molto
facile incontrare gli esseri umani. Ad un certo punto passò accanto a loro una giovane donna dallo sguardo molto triste.
Alla sua vista Myo sentì il cuore accelerare i battiti in modo tale che dovette
fermarsi a sedere su una panchina. La regina prese posto accanto a lui e, mano
a mano che Myo le raccontava del suo cuore in tempesta, ella cominciava a comprendere che i suoi sospetti si stavano
rivelando delle certezze. Ma non disse nulla.
Tornati al castello ognuno riprese le sue solite occupazioni.
Ma quando Myo ripensava a quell’incontro sentiva nel suo
cuore come la puntura di uno spillo che per un po’ gli procurava un leggero
dolore. Intanto la regina, che voleva la
felicità di Myo, non sapeva come fare a donargli quella serenità che sembrava
scemare di giorno in giorno dagli occhi azzurri del suo pupillo. Pensa e
ripensa, ad un certo punto si ricordò del suo vecchio amico mago Eliodoro che non
vedeva da tanto tempo e decise di mandarlo a chiamare per un consulto
importante. Il mago Eliodoro non se lo fece ripetere due volte perché aveva una
simpatia particolare per quella regina e arrivò come un fulmine al castello.
Quando seppe del problema capì che era proprio una magia
difficilissima quella che gli stava chiedendo la regina delle fate, ma non
volle arrendersi e, tornato nella sua vecchia torre, dove si trovava la sua biblioteca, cominciò a
consultare i suoi libri di magia uno ad uno. Dopo un po’ di giorni il mago
Eliodoro ritornò tutto ottimista al castello della regina dicendo che, forse, la speciale magia poteva essere
compiuta, ma doveva avvenire solo nel regno delle fate e non in quello degli
umani.
Allora la regina radunò alcune fatine e, dicendo loro di procurarsi della polverina magica, si avviò per quel
sentiero in cerca di quella giovane donna dagli occhi tristi che aveva fatto battere
tanto il cuore al suo Myo. Quando la
videro sbucare dal fondo del viale ordinò alle fatine di spruzzare sul capo
della donna la polverina che la addormentò subito e poi tutte insieme la
sollevarono e la portarono al castello dove il mago Eliodoro potè compiere la
sua magia.
Quando la donna si svegliò, vide davanti a lei Myo con lo
sguardo splendente di gioia. Non era più un folletto, ma un bambino come tutti
gli altri. La donna gli spalancò le braccia nelle quali lui si rifugiò senza indugio mentre
le sue labbra pronunciavano una parola che gli dettava il suo piccolo
cuore : mamma! La sua mamma ritrovata lo
stringeva forte a sé ed ambedue non
smisero di piangere fino a quando nel cielo apparve una luna immensa con un
sorriso particolare.
Myo e la sua mamma non capivano bene in che luogo fossero
capitati, ma questo non li preoccupava; erano solamente consapevoli che
qualcuno li aveva fatti incontrare e che i loro cuori si erano riconosciuti e
ora battevano all’unisono e non avrebbero potuto più rimanere divisi l’uno
dall’altro, per nessuna ragione al
mondo.
E non seppero mai che anche la regina, mentre li osservava, sentiva
sgorgare dai suoi occhi delle goccioline che un venticello leggero raccolse e
lasciò cadere nel mare, dove furono gelosamente custodite dalle preziose
conchiglie.
Giovanna Giordani
Domenica scorsa era la giornata del Movimento per la Vita e sono stata molto felice che questa mia fiaba abbia ispirato, per l'occasione, la seguente rappresentazione realizzata in notevole collaborazione fra grandi e piccini con reciproca gioiosa soddisfazione
Bellissimo racconto! E complimenti per la rappresentazione. Sei proprio brava!
RispondiEliminaciao
car
Grazie Car! Ma un bel 10 e lode va a tutti i protagonisti e collaboratori di questo piacevolissimo spettacolo!
RispondiEliminaKiss
Gio
Davvero bella questa fiaba, bravi tutti
RispondiEliminaComplimenti Giovanna ma sai anche le favole arricchiscono, e di parecchio, noi che siamo...adulti
Gavino
Grazie Gavino, hai ragione, e poi, almeno nelle fiabe, un lieto fine non manca mai!
RispondiEliminaUn caro saluto
Gio
Bellissima Giovanna!
RispondiEliminaMolto piaciuta.
Ciao, Graziella
Grazie a te Graziella! Io e Milù ti abbiamo fatto visita al tuo bel blog.
RispondiEliminaCiao, Gio